Rogazionisti del Cuore di Gesù

Rogazionisti del Cuore di Gesù

12 giugno 2025 - In questi giorni è alle stampe la lettera Circolare del Superiore Generale “Rogazionisti del Cuore di Gesù” che pubblichiamo in anteprima riportando le pagine introduttive.

Rogazionisti del Cuore di Gesù

La pace di Cristo

1.         “La pace sia con tutti voi!” è stato il primo saluto di Papa Leone XIV rivolto alla folla dei fedeli che gremiva piazza San Pietro, affacciandosi dalla loggia della facciata della basilica, con le braccia che muoveva sollevate e lo sguardo commosso.

            Il suo breve messaggio, poi, è stato un grido accorato a deporre le armi nei diversi conflitti che insanguinano la terra ed ha precisato che è la pace di Cristo quella che può disarmare le nostre guerre.

            Tutti quanti abbiamo ammirato una evidente continuità fra il primo saluto che ci ha rivolto Papa Leone e le parole di commiato che con le quali ci ha lasciato Papa Francesco prima di ritornare alla Casa del Padre. (foto 1)

Nel ricordo di Papa Francesco

2.         Nel breve messaggio che ho inviato in occasione della morte di Papa Francesco il primo pensiero è andato al giorno in cui si è affacciato dalla loggia della basilica di San Pietro, dodici anni prima, la sera della sua elezione, il 13 marzo 2013, quando ha stupito tutti per il suo modo di presentarsi, con umiltà e semplicità: “Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli Cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo … ma siamo qui … Vi ringrazio dell’accoglienza. (…) E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza”.

Il giorno di Pasqua, affacciandosi per l’ultima volta dalla loggia della basilica, ha salutato a fatica: «Cari Fratelli e sorelle, buona Pasqua!». Quindi è stato letto il suo messaggio, col quale dopo aver ripercorso i dolori del mondo, ha nominato le diverse crudeli guerre in atto, ha esortato al disarmo, a usare le risorse a disposizione per aiutare i bisognosi, a combattere la fame e a favorire iniziative che promuovano lo sviluppo.

«Quanta volontà di morte vediamo ogni giorno nei tanti conflitti che interessano diverse parti del mondo! Quanta violenza vediamo spesso anche nelle famiglie, nei confronti delle donne o dei bambini! Quanto disprezzo si nutre a volte verso i più deboli, gli emarginati, i migranti! In questo giorno, vorrei che tornassimo a sperare e ad avere fiducia negli altri, anche in chi non ci è vicino o proviene da terre lontane con usi, modi di vivere, idee, costumi diversi da quelli a noi più familiari, poiché siamo tutti figli di Dio!». 

Alla fine, il Papa, con la voce roca, ha pronunciato a fatica la benedizione solenne in latino: «Benedicat vos omnipotens Deus, Pater et Filius et Spiritus Sanctus». Poi è sceso in piazza San Pietro, gremita di fedeli giunti da ogni parte del mondo, passando con la papamobile, per incontrare sguardi, stringere mani, salutare e benedire e, in tal modo, esprimere quasi plasticamente questa fraternità universale, che ci raggiunge dalla pace che Cristo Risorto ci ha donato. (foto 2)

3.         Nel vuoto che ci ha lascito il Papa abbiamo cercato di ritornare con la mente e il cuore a ciò che egli ci aveva donato. I mezzi di comunicazione sociale non hanno mancato di sottolineare il suo sguardo profetico sulla cura e salvaguardia del creato, davanti all’effetto serra e agli sconvolgimenti climatici, con la lettera enciclica Laudato si’ del 24 maggio 2015, a due anni dalla sua elezione. È stato un grido profetico, in piena coerenza con la scelta che aveva fatto del suo nome, come Sommo Pontefice, Francesco.

Come abbiamo appena ricordato, nel suo saluto iniziale il giorno della elezione, Papa Francesco aveva richiamato più volte la fraternità universale, pur rivolgendosi alla Chiesa di Roma, ma con lo sguardo sofferente ha dato voce ai più deboli, bisognosi di tutto, disprezzati, emarginati, che sopravvivono ai margini della società, scartati, come in seguito ripeterà più volte. Anche questo tema Papa Francesco lo ha trattato direttamente, ugualmente con spirito francescano, nella sua lettera enciclica Fratelli tutti, del 3 ottobre 2020.

Dobbiamo rilevare che l’attenzione dei media, ricordando il magistero di Papa Francesco, è andata particolarmente alle due suddette lettere encicliche, indubbiamente per il loro risvolto sociale, mentre non ha avuto pari considerazione per la più recente lettera enciclica Dilexit nos - sull’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo, del 24 ottobre 2024.

4.         Il tema di quest’ultima enciclica, evidentemente di natura spirituale, ad uno sguardo superficiale appare distante dai due temi precedenti, uno ecologico e l’altro specificamente umano ma, come sottolinea Papa Francesco proprio nella parte conclusiva di questa terza enciclica, costituisce l’autentica risposta-proposta ai temi-problemi evidenziati nelle due lettere precedenti:

            “Ciò che questo documento esprime ci permette di scoprire che quanto è scritto nelle Encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti non è estraneo al nostro incontro con l’amore di Gesù Cristo, perché, abbeverandoci a questo amore, diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune.

            “Oggi tutto si compra e si paga, e sembra che il senso stesso della dignità dipenda da cose che si ottengono con il potere del denaro. Siamo spinti solo ad accumulare, consumare e distrarci, imprigionati da un sistema degradante che non ci permette di guardare oltre i nostri bisogni immediati e meschini. L’amore di Cristo è fuori da questo ingranaggio perverso e Lui solo può liberarci da questa febbre in cui non c’è più spazio per un amore gratuito. Egli è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre” (DN 217-218).

“Dare un cuore a questa terra”, sembra il grido di un padre innamorato di questa nostra umanità, nella quale si sente chiamato a fare risuonare il richiamo del Padre nostro che è nei Cieli, ma che non si stanca di guardare alla nostra terra, a noi figli che attende di abbracciare tutti nella sua casa, dove ci ha preparato un posto. Abbiamo bisogno di imparare ad amare, accogliendo questo grande amore del Padre, per riscoprire la gioia e la pienezza della vita.

Pellegrini di speranza

5.         Papa Francesco nella Bolla di indizione dell’Anno Giubilare 2025 Spes non confundit (9 maggio 1924) ci ha detto che la speranza è il messaggio centrale del Giubileo e ci confessa che ha trovato ispirazione per compiere questa scelta dalla figura dell’Apostolo Paolo, il quale nel contesto di crisi esistenziale che attraversava il suo tempo, desiderava raggiungere Roma per portare a tutti il “Vangelo di Gesù Cristo, morto e risorto, come annuncio della speranza che compie le promesse, introduce alla gloria e, fondata sull’amore, non delude” (SNC 2). (foto 3)

            Queste parole della Bolla di indizione possiamo vederle come una premessa, una ispirazione dell’Enciclica Dilexit nos (24 ottobre 2024) che Papa Francesco firmerà dopo alcuni mesi. Egli spiega:

“La speranza, infatti, nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce: «Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita» (Rm 5,10). E la sua vita si manifesta nella nostra vita di fede, che inizia con il Battesimo, si sviluppa nella docilità alla grazia di Dio ed è perciò animata dalla speranza, sempre rinnovata e resa incrollabile dall’azione dello Spirito Santo.

“È infatti lo Spirito Santo, con la sua perenne presenza nel cammino della Chiesa, a irradiare nei credenti la luce della speranza: Egli la tiene accesa come una fiaccola che mai si spegne, per dare sostegno e vigore alla nostra vita. La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? [...] Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» ( Rm 8,35.37-39). Ecco perché questa speranza non cede nelle difficoltà: essa si fonda sulla fede ed è nutrita dalla carità, e così permette di andare avanti nella vita. Sant’Agostino scrive in proposito: «In qualunque genere di vita, non si vive senza queste tre propensioni dell’anima: credere, sperare, amare» (SNC 3). 

Perché Dilexit nos

6.         A parte la motivazione, appena riferita, può sembrare strano che Papa Francesco, che durante il suo pontificato ci ha donato le due lettere encicliche di un grande valore dottrinale e sociale con un forte richiamo su due temi di rilevanza universale, ci abbia poi lasciato, quasi come testamento Dilexit nos, sull’amore umano divino del Cuore di Gesù.

In effetti in Dilexit nos egli non ha inteso esporci una dottrina teologica sul Cuore di Gesù e, pur citando Lettere di pontefici suoi predecessori sul Cuore di Gesù, lo ha fatto non esplicitamente. Con Delixit nos egli ha inteso fare una terza denuncia, non meno pesante e drammatica delle due precedenti: urge oggi “dare un cuore a questa terra”.

Un mondo che scopre il nuovo mondo della intelligenza artificiale e sembra non essere interessato a comprendere il senso della propria esistenza, un mondo che nella scienza e nella tecnica raggiunge nuove conquiste e convive con larghe fasce di popolazioni a limite della sopravvivenza o sterminate da guerre fratricide, è un mondo senza cuore.

E allora, la risposta e il richiamo di Papa Francesco, sono chiaramente evangelici: noi uomini siamo un mistero di amore, dell’amore di Dio, creati a sua immagine-comunione. Non salveremo la nostra esistenza se non ritroveremo questa nostra identità.

7.         Carissimi, in questa mia lettera ho pensato di rileggere, assieme a voi, queste belle pagine di Papa Francesco, che da lui ci sono state consegnate come un testamento, alcuni mesi prima di lasciarci per ritornare alla Casa del Padre.

In un secondo momento, ho ritenuto opportuno, con uno sguardo alla nostra storia, rivedere come il Cuore di Gesù, meglio, il Cuore Eucaristico di Gesù, ha avuto un posto centrale nella Pia Opera.

Infine, ho pensato che, lasciandoci guidare da Padre Annibale, abbiamo bisogno di approfondire la devozione, se vogliamo chiamarla così, al Cuore di Gesù, che è primaria nella nostra spiritualità.

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